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Roma si mobilita per Sakineh:

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Roma – La gigantografia di Sakineh Ashtiani campeggia sulla facciata degli edifici istituzionali capitolini: dalla sede del comune in Campidoglio fino alla sede della Provincia a Palazzo Valentini. Inizia così la giornata di mobilitazione a sostegno della donna iraniana condannata alla lapidazione, accusata di adulterio e di complicità in omicidio. Ma l’appuntamento più importante è fissato per il pomeriggio davanti alla sede del consolato iraniano a Roma. Alle 16.30 sono attesi in via Nomentana i Verdi, promotori dell’iniziativa, alcuni esponenti di entrambi gli schieramenti politici e soprattutto rappresentanti delle principali associazioni in difesa dei diritti umani fondamentali. Tutti insieme per dire no alla lapidazione. Non solo politici. Lungo la stretta via dinanzi alla sede diplomatica della Repubblica Islamica dell’Iran cominciano a convergere decine di persone. Soprattutto volti comuni. Ognuno stringe nelle mani l’immagine che ritrae la giovane donna condannata a subire la più atroce delle punizioni. Sull’asfalto viene adagiato un manichino con indosso il chador e con il volto intriso di sangue, a simulare gli effetti devastanti di una lapidazione. Delle finte pietre ricavate da fogli accartocciati e dipinti di rosso lo circondano. Il suo volto di bambola si fonde e si confonde con quello reale di Sakineh Ashtiani, seppur solo ritratto su un foglio bianco. Le sue foto hanno fatto il giro del mondo. Un viso dai tratti femminili armoniosi coperto da un chador nero. Questa è Sakineh. Tutti hanno imparato a conoscerla, seppur non avendola mai vista di persona. E tanti oggi hanno voluto manifestare la loro vicinanza e la loro profonda solidarietà nei confronti della donna, madre di due figli. Tra i presenti al presidio, oltre a esponenti politici di entrambi gli schieramenti (Pd e Pdl), anche alcuni rappresentanti dell’opposizione iraniana e della Resistenza dei Mujaheddin del popolo. Anche questi utlimi hanno voluto manifestare il loro dissenso e la loro solidarietà con un cartellone ricco di fotografie che documentavano le atrocità commesse dal regime iraniano nel corso delle proteste post-elettorali dello scorso anno, e le continue e ripetute violazioni dei diritti umani fondamentali compiute ai danni di dissidenti e manifestanti, condannati alla pena capitale dell’impiccagione. “Perché – come ha dichiarato un membro della comunità islamica di Roma e funzionario del Ministero degli Interni – finché ci sarnno questi regimi (non solo in Iran, ma anche in Pakistan o in Afghanistan), e fino a quando questi stessi regimi saranno ligi al rispetto di una legge inumana, quale è la shar’ia, allora la libertà del singolo individuo, donna o uomo che sia, non potrà mai essere conquistata”.