Il Dalai Lama, leader spirituale di caratura mondiale, sta pensando di ritirarsi a vita privata “entro sei mesi” con la speranza di non vivere più da esule e poter fare ritorno in patria.
E’ un Dalai Lama che non cessa di sorprendere quello che ha accettato di farsi intervistare in un passaggio a New Delhi dal giornalista indiano Karan Thapar, che lo ha ospitato nel suo programma “L’avvocato del diavolo” della tv Cnn-Ibn.
L’esigenza di tornare in Tibet e trascorrere lì la sua vecchiaia potrebbe essere collegata all’insistente opposizione cinese, che non lascia la libertà di culto. Il Premio Nobel per la Pace, che ha 76 anni, ha detto che la decisione definitiva sul suo ritiro a vita privata sarà presa solo dopo aver consultato i dirigenti politici del movimento e il Parlamento tibetano in esilio.
Si sente “un semi pensionato” alludendo al fatto che ormai da quasi dieci anni tutte le decisioni più importanti vengono assunte dalla leadership politica. Ha nostalgia del Tibet da cui è lontano da 50 anni e che spera di poter visitare prima di morire.
Sulla questione della sua successione il 14.mo Dalai Lama è stato vago. “Non c’è fretta”, ha detto. “Potrebbe non essere necessaria una mia reincarnazione in un 15/o Dalai Lama – ha osservato – ma penso che se io dovessi morire entro pochi anni è probabile che la maggior parte delle gente, compresi i Mongoli e le popolazioni buddiste dell’Himalaya vorrebbero mantenere questa istituzione”. Se invece dovessi diventare molto vecchio, ha proseguito, e non fossi in grado di svolgere la mia attività di rappresentanza e coordinamento, “un’idea sarebbe anche quella della designazione di un vice più giovane”. In realtà aveva già disegnato un suo successore, un bambino le cui sorti restano un mistero, mentre le autorità cinesi hanno già pronto e preparato il dopo Gyatso, il quale qualche tempo fa non disdegnava l’idea che dopo di lui ci potesse essere una donna.