Dopo il passo falso del film “Un giorno perfetto”, Ferzan Ozpetek torna ai suoi temi preferiti che sono quelli delle tensioni familiari, dell’orgoglio dei propri sentimenti, ma anche del perso delle convenzioni. Lo fa con una forza, con un’energia veramente coinvolgente.
Il film Mine vaganti è ambientato a Lecce e protagonista è la famiglia Cantone, di stile patriarcale: un padre che vuole passare il comando dell’azienda di famiglia ai propri figli interpretati da Scamarcio e Preziosi.
Mine vaganti è una commedia corale in uscita nel marzo del 2010, con un cast che comprende Riccardo Scamarcio, Alessandro Preziosi, Nicole Grimaudo, Ennio Fantastichini.
Il padre richiama Scamarcio da Roma dove pensa che stia studiando Legge ma in realtà studia Lettere: vuole diventare scrittore. Non solo non segue il consiglio del padre per la scelta della facoltà ma non è quel “sciupa femmine” che tutti a casa credono sia: è omosessuale e ha una relazione consolidata con un medico. Per cui Tommaso, così si chiama il personaggio interpretato da Scamarcio, decide di usare la cena ufficiale durante la quale il padre vorrebbe comunicare, a tutti i parenti e soci, l’idea di successione della guida dell’azienda, per fare finalmente outing.
Ma quando sta per confessare la propria natura, ecco che la scena viene improvvisamente rubata da qualcun altro.
La storia viene raccontata in modo divertente e spumeggiante. I temi della fatica di difendere le proprie idee e i propri orientamenti sessuali sono affrontati da Ozpetek con una leggerezza che raramente si ritrova nei suoi film precedenti. Spesso i suoi vecchi lavori erano un po’ troppo corretti, composti, educati che non uscivano mai dalle righe.
“Tutti gli attori più giovani sembrano maturati di colpo di una decina d’anni, tutti guadagnano in intensità e si portano dentro qualche ruga in più, le piatte performance da fiction sono per alcuni ormai un vago ricordo, l’improvvisazione è parte del gioco, Ozpetek mette in scena una sorta di catartico teatrino delle parti in perfetta sintonia con lo spettatore, e in cui ogni attore/personaggio recita si un ruolo, ma si trova costretto giocoforza a sacrificare una parte di se stesso per raccontare e raccontarsi, così da andare ben oltre la pagina scritta o la mera frase recitata”.
Qui, per una volta, il regista si lascia andare, sottolinea i personaggi, accentua i caratteri: Elena Sofia Ricci nei panni di una zia a cui piace vedere sempre il bicchiere pieno; Lauretta Savino, nei panni di una moglie acida ma che è capace lei stessa di trasformarsi in una castiga matti; ci sono gli amici omosessuali di Tommaso, che si comportano in modo eccessivamente da “checche isteriche”, agli occhi di qualcuno eccessivi.
In fondo il titolo è “Mine vaganti” e se mine vaganti devono essere, cioè se devono scardinare all’improvviso le regole di una borghesia ben pensante di un comportamento troppo corretto … allora che lo siano fino in fondo.