Ieri sera è andato in onda “Vieni via con me”. Il programma, condotto da Fabio Fazio e Roberto Saviano, ha registrato, ancora una volta, un importante record di ascolto con uno share del 30,21%.
La seconda puntata non è stata scevra di polemica, a partire dalle critiche dello stesso direttore generale della Rai, Mauro Masi, contrario alla presenza di Fini e Bersani. I due politici sono comparsi a metà serata.
Il primo a intervenire è stato il leader del Pd. “La sinistra è l’idea che se guardi il mondo con gli occhi dei più deboli puoi fare davvero un mondo migliore per tutti“. Si è soffermato sulla Costituzione, “la più bella del mondo“, sull’economia che “non gira se pochi hanno troppo e troppi hanno poco“. Parla di lavoro, “è la dignità di una persona, chiamare flessibilità una vita precaria è un insulto“, di evasione fiscale, di ambiente, del diritto per un figlio di immigrati di essere italiano, di laicità. “Chi si ritiene progressista deve tenere vivo il sogno di un mondo in pace, senza odio e violenza, combattere contro la pena di morte e ogni sopraffazione, contro l’aggressività che ci abita dentro, quella del più forte sul più debole“.
È stato poi il turno di Gianfranco Fini, che ha spinto sul tasto del patriottismo. È fondamentale far emergere un’Italia “che ha fiducia nel futuro perché ha fiducia in se stessa“; “essere di destra vuol dire innanzi tutto amare l’Italia, avere fiducia negli italiani, nella loro capacità di sacrificarsi, lavorare onestamente e pensare al futuro dei figli, essere solidali e generosi“. Il Presidente della Camera ha ricordato, poi, i militari in Afghanistan, i connazionali volontari che aiutano anziani e deboli, le imprese e le famiglie che danno lavoro a immigrati onesti i cui figli saranno anch’essi cittadini italiani.
L’attore Silvio Orlando legge la lista delle “cose che non avevamo previsto e invece sono accadute“. Imprevedibile è “che dopo trent’anni non si sapesse ancora cos’è successo a Ustica”, “che Gheddafi piantasse le tende nel centro di Roma“, “che Biagi venisse accusato di fare un uso criminoso della tv”. O “che un uomo che voleva mettere il tricolore nel cesso diventasse ministro della Repubblica“, “che quelli di sinistra fossero entusiasti prima di Montanelli e poi di Fini“, “che la Democrazia cristiana e il Partito comunista si unissero in un solo partito e che, uniti, perdessero tutte le elezioni“. Infine “che la nipote di Mubarak non fosse la nipote di Mubarak“.
Cristiano De Andrè canta Don Rafaè. Arriva il turno di Roberto Saviano che parte dal Quattrocento per parlare dell’attualità. Racconta il mito fondativo delle mafie e spiega come il crimine organizzato sia penetrato nel tessuto del Paese. “Gerarchie, stipendi, regole e disciplina” sono le caratteristiche delle mafie. Spiega al pubblico come si entra in un’organizzazione e per la prima volta porta in tv il “battesimo” e ne affida la lettura a Antonio Albanese. Saviano conclude dicendo che la ‘ndrangheta al Nord interloquisce con la Lega e ricorda un’intervista in cui Gianfranco Miglio, teorico del Carroccio, si definiva a favore del “mantenimento della mafia e della ‘ndrangheta” sostenendo la necessità che fossero costituzionalizzate.
Quest’ultima parte dell’intervento dello scrittore non è piaciuto a Roberto Maroni. Il Ministro dell’Interno ha dichiarato: “Vorrei un faccia a faccia con lui per vedere se ha il coraggio di dire quelle cose guardandomi negli occhi” e poi aggiunge: “Chiedo risposta anche a nome dei milioni di leghisti che si sono sentiti indignati dalle insinuazioni gravissime di Saviano e quindi auspico che mi venga concesso lo stesso palcoscenico per replicare ad accuse così infamanti che devono essere smentite”.
Chiusa la parentesi politica, il programma si sposta sul delicato tema del diritto alla vita e alla morte. Beppino Englaro, padre di Eluana, legge l’elenco delle “cose di Eluana che i suoi genitori hanno sempre saputo di lei“, dal suo “desiderio di libertà rispetto a quello che lei avvertiva come violenza” al fatto che “mai avrebbe voluto vivere priva di coscienza e mai avrebbe tollerato la continua profanazione del suo corpo“. “Noi genitori le abbiamo dato solo voce, se avesse potuto esprimersi lo avrebbe fatto lei“.
Mina Welby, vedova di Piergiorgio, politico e attivista italiano impegnato per il riconoscimento legale del diritto al rifiuto dell’accanimento terapeutico, aiutato a morire, nel 2006, da un medico poi prosciolto, legge le cose dette dal marito “nel giorno più bello della sua vita“, quello della morte. Infine ricorda le ultime parole che Piergiorgio le rivolse prima di addormentarsi per sempre. “Lui mi chiese ‘sono stato bene con te, e tu?’. Io risposi: sono stata felice“.
Nel finale c’è stato spazio per Don Andrea Gallo che ha parlato degli incontri più importanti della sua vita (con una donna nigeriana piegata sotto il peso di un fardello, che respinge l’aiuto e confessa di non sentire fatica, perché avvolto in quel fardello “c’è mio fratello morto”) e per un travolgente Antonio Albanese nei panni dell’onorevole Cetto Laqualunque. La sigla di chiusura è affidata agli Avion Travel che hanno cantato “Vieni via con me” con Toni Servillo.