La sua morte, avvenuta nell’ascensore del suo palazzo, venne ipotizzata come omicidio a contratto, ma ancora oggi non esistono persone da condannare, quali mandanti o esecutori. Nata nel 1958 a New York da due diplomatici, si laureò nel 1980 all’Università di Mosca.
La sua carriera iniziò nel 1982 al giornale Izvestija ed in seguito ebbe modo di collaborare con radio e tv libere. Pubblicò anche libri di denuncia per i quali le vennero rivolte minacce di morte.
Dal 1999 fino al suo decesso, lavorò per il quotidiano russo di ispirazione liberale Novaja Gazeta. Nei suoi articoli condannava il Governo e l’esercito russo per la poca considerazione sullo stato di diritto in Russia ed in Cecenia.
Nel 2001 la Politkovskaja fuggì a Vienna per le minacce ricevute via e-mail da Lapin, un ufficiale da lei accusato per i crimini contro il popolo ceceno. Lapin nel 2005 venne condannato per abusi e maltrattamenti su un civile ceceno. In Cecenia la giornalista aveva visitato ospedali e campi profughi e criticato ferocemente le forze russe lì stanziate per gli abusi perpetrati alla gente.
Godeva di molta considerazione, tanto che si fece il suo nome durante le trattative per la crisi al teatro Dubrovka.
Nel settembre 2004 si pensò ad un avvelenamento quando, durante il viaggio in aereo verso Beslan, ebbe un malore e svenne; non si chiarì mai del tutto la dinamica.
Il giorno dopo la sua uccisione, la polizia russa sequestrò il suo computer e dei documenti che lei aveva messo da parte, materiale bollente per le sue notificazioni. Il suo editore Muratov, affermò che Anna stava preparando un articolo contenente il racconto delle torture che le forze di sicurezza cecene, legate al Primo Ministro Ramson Kadyrov, commettevano. Però quel racconto, come anche due foto che servivano per documentarlo, non furono ritrovati.
Si sentiva una reietta e chi accettava di rilasciarle interviste, lo faceva di nascosto.
I funerali si svolsero a Mosca e vi parteciparono più di mille persone. La tomba di Anna è un giornale crivellato di colpi, a significare l’impegno che aveva elargito nella scoperta incessante della verità. Tra i partecipanti alle esequie anche il leader radicale Marco Pannella, amico personale della giornalista. Nessun rappresentante del governo russo vi prese parte.
Disse una volta durante una conferenza: “Le persone pagano con la vita per aver detto ad alta voce ciò che pensano”. E aveva ragione, perché anche lei ha subito un silenzio imposto con la violenza, ma le sue idee ed i suoi principi non sono morti e altri combatteranno perché possano sopravvivere.