Immaginate un palco vuoto, buio, silenzioso. E immaginate che all’improvviso si accenda una luce e, esattamente al centro, appaia una donna.
Questa donna potrei essere io, come potreste essere voi. Non importa quanti anni abbiate, che lavoro facciate o quanti soldi guadagnate: Stefano Benni nei suoi otto monologhi attraverso voci femminili riesce a parlare di tutte noi. C’è la Beatrice di Dante che prende in giro il suo poeta; la ragazzina tutta cellulare, amiche e voglia di fama; la donna arrivista mangiatrice di uomini (in tutti i sensi); la suora che sembra indemoniata; la donna in ansia; la vecchia nostalgica che ricorda i bei tempi andati e una donna licantropo, ma sempre meno bestia dell’uomo.
Le donne, ultimamente oggetto di discussione (o strumentalizzazione?) politica, pubblicitaria, televisiva; ormai incastrate nel ruolo di belle senza personalità, qui sono caratterizzate dalla loro qualità più importante: i sentimenti, in tutte le sfaccettature possibili. Questi le portano a cercare costantemente la loro identità, il ruolo prima di tutto nella loro vita e poi nel mondo circostante. Le donne raccontate da Benni sono donne che primariamente si ribellano all’autorità maschile: la prima a farlo è proprio Beatrice, quella vera, che dà un sonoro calcione all’auctoritas di Dante, dice finalmente la sua sul suo essere donna angelicata, si oppone alla volontà paterna e, come una femminista di qualche decennio fa, esce a godersi la libertà. E dopo di lei a ruota, le Beatrici di oggi, che raccontano la loro vita e fanno proposte sociali che potrebbero andare a braccetto con l’idea esposta da Jonathan Swift in “A Modest Porposal”, fino ad arrivare all’essere più terribile per gli uomini: la “donna mostro”, quella che non si riesce a capire, a definire, perché è totalmente diversa da ciò che l’uomo aveva in mente per lei. Tutte all’apparenza gentili e oneste, ma, in realtà, basta una notte di luna piena per mostrarne la vera faccia, quella che, nonostante cerchino di nascondere, non riescono davvero a mantenere nell’ombra.
Ogni donna è “calata nel suo mondo” e ciò suona terribilmente familiare: terribilmente perché una così potremmo incontrarla ogni giorno sull’autobus, al supermercato o, peggio, potremmo davvero essere noi. La realtà rappresentata rende inquieti, fa paura pensare che siamo tutte un po’ licantrope.
Per rendere la situazione ancora più simile al nostro mondo, i monologhi sono intervallati, come dagli intermezzi pubblicitari della televisione con cui conviviamo costantemente, da poesie che completano il quadro dei sentimenti femminili parlando d’amore. È proprio l’amore, infatti, che indipendentemente da come finisca o da quali conseguenze comporti, è il motore principale delle azioni di tutte le donne. Nel nome dell’amore sono disposte a cambiare, a tradire e in alcuni casi anche a morire.
Eppure, leggendo questi monologhi si ha la sensazione che rappresentando le donne si rappresenti in realtà la società intera. Le Beatrici di Stefano Benni, nonostante sia concentrato sulla figura femminile, è un libro che dovrebbero leggere tutti, indipendentemente dal sesso, per capire meglio il mondo in cui ci siamo condotti (o ridotti) a vivere, e come per una commedia pirandelliana, riderne, poi sorridere e infine piangere, nello scoprire che non c’è proprio nulla di divertente.