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Università degli Studi di Napoli, primi passi verso la correzione genetica della retinite pigmentosa.

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All Istituto Telethon di genetica e medicina di Napoli Tigem, un equipe di ricercatori napoletani ha compiuto un primo passo verso la correzione del difetto genetico responsabile della retinite pigmentosa, la più comune forma di cecità ereditaria che colpisce un individuo su tremila. Lo studio è stato pubblicato dalla rivista scientifica EMBO Molecular Medicine.

“Le malattie di questo tipo, dette a trasmissione “autosomica dominante”, sono molto difficili da curare con la terapia genica» spiega Surace, «perché il difetto genetico determina non l’assenza di una proteina, ma la presenza di una proteina anomala e quindi tossica per l’organismo. Non serve a nulla quindi fornire al paziente una copia del gene sano: bisogna invece cercare di “spegnere” quello difettoso e questo è molto più difficile”.
Da circa 10 anni scienziati di tutto il mondo stanno provando a “mettere a tacere” geni difettosi come questi, grazie anche all’aiuto del computer. Per farlo disegnano delle proteine artificiali, ispirate ad altre presenti in natura, capaci di “abbracciare” in modo specifico i geni alterati e di impedirne l’azione. Nel caso della retinite pigmentosa le cose sono ancora più complicate: come spiega il ricercatore del Tigem,”le forme dominanti della malattia sono circa il 35% e riguardano frequentemente il gene della rodopsina, che può presentare almeno 150 diversi “errori” nella sua sequenza che si traducono poi in un difetto della vista. È impensabile costruire altrettanti “interruttori proteici” ad hoc, sarebbe troppo oneroso: abbiamo quindi provato a pensare a un’altra strategia”.

L’idea dei ricercatori del Tigem è stata quella di costruire un interruttore universale per il gene della rodopsina, capace di spegnere sia quello sano sia quello alterato, indipendentemente dal tipo di errore genetico. Commenta Surace: «grazie a questa tecnologia basata su proteine “artificiali” che legano il Dna, siamo riusciti per la prima volta a rendere inattivo il gene alterato della rodopsina nelle cellule della retina nel modello animale: il passaggio successivo sarà fornire, insieme all’interruttore per lo spegnimento di rodopsina, anche la versione sana del gene».
«Potenzialmente questo approccio potrebbe applicarsi a numerose altre malattie dominanti che colpiscono non solo l’occhio, ma altri organi: penso quindi che questo risultato incoraggi a investire nella terapia genica di questa categoria di malattie genetiche rare, ancora troppo trascurate», conclude Surace.