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Anoressia: la malattia del secolo

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Isabelle Caro per la campagna anti anoressia di Oliviero Toscani

Isabelle Caro per la campagna anti anoressia di Oliviero Toscani

Lo chiamano “disturbo alimentare”, ma forse è tutt’altro, perché l’anoressia si configura innanzitutto come un malessere psicologico. È forse più una conseguenza, che una causa: la conseguenza di un trauma, di un disagio con se stessi o col prossimo, che a sua volta diventa causa di problemi fisici che in taluni casi possono portare persino alla morte.

Nell’ultimo ventennio l’anoressia è diventato un problema quasi generazionale, che colpisce ragazze sempre più giovani, ossessionate dall’inseguimento di un ideale di bellezza che esalta la magrezza: perdere peso è un modo per avere il controllo totale della situazione, quel controllo che non si riesce ad esercitare in famiglia, o in società. Ridurre la quantità di cibo da ingerire, calibrare la calorie, sottoporsi a regimi restrittivi, fà sentire padroni del proprio corpo, un corpo che allo specchio appare sempre troppo dilatato, anche quando non lo è.

«L’anoressica sembra dire: “Tengo sotto controllo il mio corpo e i suoi bisogni, e vi odio tutti, voi che siete così deboli da cedere ai bisogni del vostro corpo. Io sono più forte di voi, mi sento superiore”», scrive la psicologa e terapeuta tedesca Renate Gockel nel libro Donne che mangiano troppo.

Se in passato questa malattia era relegata all’ambiente della moda, oggi non lo è più: dalle passerelle tutto ciò si è trasferito anche nella vita quotidiana. Non si ammalano solo le modelle, nella loro vita apparentemente tutta luci e lustrini, ma anche le ragazze comuni, studentesse magari brillanti, sportive, ragazze di buona famiglia, che contrariamente a quanto possa sembrare, avvertono una rottura, una spaccatura, che nessuno riesce ad intravedere.

Solo ultimamente anche il mondo della moda si è attivato affinché le ragazze non ricevano messaggi sbagliati: le sfilate sono ancora popolate di ragazze scheletriche, dal volto scavato ed inespressivo, eppure qualcuno ha azzardato la mossa di far sfilare “ragazze in carne”, o più semplicemente “in salute”. Vogue Italia ha lanciato una campagna contro i cosiddetti “siti pro anoressia”, blog e forum nel quale le ragazzine si confrontano su come perdere peso velocemente ed inneggiano quasi all’anoressia, identificando nella magrezza un canone essenziale per riuscire nella vita (e quanto più si è magre, meglio è). Recentemente aveva fatto scalpore la campagna anti anoressia di Oliviero Toscani, che aveva fotografato una ragazza malata da tempo, completamente nuda. Si chiamava Isabelle Caro, ed è morta lo scorso anno ad appena 28 anni: pesava 31 Kg. per 1,65 m di altezza.

“La magrezza genera la morte ed è tutto tranne la bellezza”, ribadiva Isabelle, nella speranza che le adolescenti, visualizzando la sua fotografia, comprendessero la brutalità di quella realtà, che lei aveva conosciuto la prima volta quando lavorava nel mondo della moda: un mondo che mostra sulle copertine e in passerella ragazze apparentemente senza problemi, che in realtà, soffrono segretamente malesseri esistenziali e disturbi fisici tutt’altro che trascurabili.

Stime recenti affermano che sia affetta da anoressia una ragazza su quattro; la malattia colpisce molto presto, già a 10-12 anni, e il 5% dei malati è di sesso maschile. I tassi di mortalità variano dal 10% al 20% e le manifestazioni più critiche si hanno nell’età dell’adolescenza.

L’anoressia per molte è un punto di non ritorno, chi ci è entrato in contatto l’ha definita “la bestia”: eppure qualcuno che l’ha sconfitta c’è, pur portando dietro di sé gli strascichi della sofferenza, ma anche una rinnovata voglia di vivere senza più farsi del male, senza autodistruggersi, ma percorrendo il difficile cammino dell’accettazione di sé e dell’amarsi per ciò che si è.