Il 13 maggio 1981 un evento segnò profondamente e drammaticamente la storia della Chiesa: sono passati trent’anni ma nel cuore dei fedeli (e non solo) è viva l’immagine di quanto accaduto a Papa Wojtyla, poco dopo l’arrivo in Piazza San Pietro, dove avrebbe dovuto tenere un’udienza generale.
Quel giorno il Pontefice subì un attentato quasi mortale da parte di Mehmet Ali Ağca, un killer professionista turco, che gli sparò due colpi di pistola che lo raggiunsero all’addome. Il Papa fu prontamente soccorso e operato: un delicato intervento durato oltre 5 ore, dal quale si ristabilì in breve tempo.
Il 27 dicembre 1983 Giovanni Paolo II fece visita al suo attentatore: le parole che i due si scambiarono durante il colloquio rimangono ancora un segreto, si sa solo che il Papa perdonò il ragazzo per quanto commesso.
«Ho parlato con lui come si parla con un fratello, al quale ho perdonato e che gode della mia fiducia. Quello che ci siamo detti è un segreto tra me e lui», commentò il Papa.
Condannato all’ergastolo, Mehmet Ali Ağca beneficiò della grazia concessagli dall’ allora Presidente della Repubblica Carlo Azeglio Ciampi (era il 2000). Ali Ağca non ha mai voluto rivelare in modo chiaro la verità sull’attentato, cambiando ripetutamente versione dei fatti e asserendo addirittura di aver avuto complici all’interno del Vaticano.
Ad oggi, la versione più accreditata sembra essere quella che vede come mandante dell’attentato il KGB (servizio segreto e polizia segreta dell’Unione Sovietica), in collaborazione con la polizia della Germania Orientale (Stasi) e con l’appoggio di un gruppo terroristico bulgaro e di uno turco.
Le motivazioni che avrebbero spinto l’Unione Sovietica a quel gesto non sono state chiarite; probabilmente, l’URSS temeva l’influenza che un Papa polacco poteva avere sulla stabilità dei Paesi satelliti dell’Europa Orientale, tra cui la stessa la Polonia. Un’altra ipotesi vede il coinvolgimento della mafia nell’attentato, secondo quanto rivelato dal pentito di Cosa Nostra Vincenzo Calcara a Paolo Borsellino.
Il 13 maggio del 2000 Giovanni Paolo II beatificò Francesco e Giacinta, due dei tre pastorelli protagonisti dell’apparizione mariana del 1917 (era proprio il 13 maggio), quando la Madonna rivelò dei segreti. Il terzo di questi fu reso pubblico dal Papa, cui era stato confidato da Lucia, la terza protagonista dell’apparizione della Madonna, morta nel 2005, mentre le vite di Giacinta e Francesco si erano già spente poco dopo la Prima Guerra Mondiale. Il testo del terzo segreto è molto ambiguo e dalla difficile interpretazione: si parla della persecuzione dei cristiani, del tentativo di uccisione di un “vescovo vestito di bianco”, identificato nel Papa.
Quest’ultimo, profondamente devoto alla Madonna, fu sempre convinto che fu la Sua intercessione a deviare i colpi sparati dal suo attentatore, impedendo loro di raggiungerlo al cuore e di ucciderlo. Per sua volontà, il bossolo del proiettile fu incastonato nella corona della statua della Vergine a Fatima (Portogallo).