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Mr. Beaver

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In questi giorni ho assistito alla proiezione di “Mr. Beaver”, regia di Jodie Foster. Il film pronto da novembre 2009, è solo ora in uscita a causa dei problemi dell’attore Mel Gibson con la compagna, Oksana Grigorieva, da cui ha avuto una figlia, che lo aveva accusato di maltrattamenti e violenze.
Messo alla gogna da una registrazione di una telefonata in cui la insultava, intimidendola a ruota libera, si era già tovato al centro delle polemiche per il suo presunto antisemitismo, cosa che lo aveva messo in cattiva luce col pubblico che fedelmente lo seguiva da anni.
Un film, quindi, stroncato in parte dalla critica, feroce nei confronti dell’interpretazione del protagonista.

La depressione, il male oscuro, è un problema per tanti in quest’epoca di progresso. E tanti sono i metodi per curarla. Grottesco è il modo in cui Walter Black, che gestisce un’azienda che produce giocattoli, l’affronta. Recupera nella spazzatura un castoro di pezza che diventa il suo alter ego e lo porta alla rinascita. Riconquista così l’affetto del figlio minore, bambino desideroso di affetto ma, man mano, la moglie ed il figlio maggiore, comprendono che, nonostante lui abbia trovato la forza di reagire, apportando anche valore aggiunto all’azienda con nuovi guadagni, pur tuttavia la personalità di Mr. Beaver va a sormontare le fragilità di Walter, che non può più scindere il suo essere dal castoro che gli suggerisce ciò che è giusto fare, reprimendo le sue apprensioni.
Il dramma che si rileva a tratti può apparire surreale, ma la profondità del dolore che traspare dallo schermo e la storia commovente, rendono il film piacevole e, anche se malinconico e mai stucchevole.
La farsa che poteva sfuggirgli di mano, aiuta Walter (Mel Gibson) a ritrovare l’affetto dei suoi cari, il rispetto per se stesso e la gioia che aveva perduto con la malattia.

Questo film insegna che nella vita ognuno può attraversare momenti di inconsapevolezza. Ci si sente smarriti e qualsiasi cosa può rappresentare un’ancora di salvezza alla quale aggrapparsi come un naufrago nella tempesta. L’importante è non inseguire falsi miraggi che creano altre situazioni di disagio e non rappresentano più la panacea d’ogni male.
L’affetto e la cognizione che chi ci ama crede in noi, aiuta sempre ed è l’unico sentimento a non produrre surrogati.