Questo è il suo momento. L’Escherichia Coli è il batterio che occupa le copertine di tutti i giornali e telegiornali d’Europa. Non si può certo dire che sia un nome semplice, anzi; è talmente scivoloso che “per gli amici” è stato ribattezzato E.coli. Quasi un vezzeggiativo. Che mal gli si addice, visto che l’altro nome con cui è tristemente appellato in questi giorni è di “batterio killer”.
Ma questa appare una storia non del tutto nuova. Stesso copione, stesso allarmismo, stessa pubblicità, stessa agitazione. Ma, soprattutto, stessi interessi economici!
Si possono attribuire ad un batterio, che in natura già è parte della flora batterica intestinale sia degli esseri umani che di molti altri animali a sangue caldo, le caratteristiche di una pandemia?
Come in tutte le cose, occorre tener presente la realtà dei fatti. Questo batterio incriminato ha pieno diritto di godere di una presunzione d’innocenza. L’hanno cercato prima nei cetrioli. Poi sono passati ai germogli di soia, senza tralasciare pomodori e insalata a foglia larga. Improvvisamente una sterzata: la ricerca si concentra sulla carne. E anche stavolta gli esiti sono negativi. Ma non ci si arrende. Si riparte col fieno medico, le lenticchie, la barbabietola da zucchero… Ovviamente non si disdegna di dare una nazionalità alla verdura incriminata: spagnola, Ceca e chi più ne ha più ne metta.
“La nuova pandemia”, titolano alcuni giornali. Così come lo titolavano per il virus AH1N1 e ancora prima per il morbo della mucca pazza, per quello dell’aviaria, per quello della suina… Un ciclico ripresentarsi degli eventi. Ma stavolta il volano della storia ci appare davvero infinitamente piccolo per riproporci sempre la stessa sceneggiatura dove la prospettiva è identica, cambia solo il nome del protagonista.
E il bello è che ognuna di queste pandemie che avrebbero decimato la popolazione terraquea ha di per se causato solo pochi morti, molti meno di quanti ne causa una influenza stagionale. L’uno per mille di quanti ne causano gli incidenti stradali…
I decessi provocati dal batterio E.Coli, sino ad oggi sono 30. E pur considerandola cosa triste, va però tenuto conto che, di per sé, è un numero contenuto, limitato.
Allora perché tanta agitazione? Tutta la vicenda, ancora una volta, ha il sapore di un vero e proprio terrorismo psicologico abilmente orchestrato. Così noi, che siamo pronti a spaventarci ad ogni minimo allarme, corriamo ad accaparrarci prodotti sanitari, antibiotici, disinfettanti a base di candeggina, di varechina, per disinfettare e sterilizzare mani, verdure, recipienti… E pensare che per difendersi da questo batterio basta semplicemente “lavarsi accuratamente le mani prima e dopo aver manipolato i cibi, soprattutto se si tratta di carne cruda. È altrettanto importante lavare bene frutta e verdura, soprattutto se non vengono cotte o sbucciate, e cuocere la carne”.
Occorre veramente poco: il rispetto delle basilari norme d’igiene. Senza dover necessariamente andare a contribuire, in forma decisamente sostanziale, all’aumento di fatturato di alcune industrie chimiche e farmaceutiche…