Con tutti voti a favore e un solo astenuto, il deputato del Pdl Renato Farina, la riforma dell’Ordine dei giornalisti approderà ora dalla Camera al Senato.
Le modifiche principali riguardano principalmente le modalità dell’accesso alla professione, con la necessità della laurea triennale, e lo snellimento del Consiglio Nazionale, con la riduzione del numero dei consiglieri. Novità anche per gli aspiranti pubblicisti, che dovranno sostenere un esame di cultura generale che attesti, tra l’altro, la conoscenza dei principi di deontologia professionale. Restano invece intatti i principi generali stabiliti dalla legge numero 69 del 1963, riguardanti il diritto all’informazione e i doveri del giornalista. Per ciò che riguarda il Consiglio Nazionale, il tetto massimo si è abbassato da 150 a 90 membri, con un rapporto di due a uno tra professionisti e pubblicisti.
“Sono soddisfatto per il voto bipartisan”, ha dichiarato a caldo il relatore del provvedimento Giancarlo Mazzuca (Pdl), “Rende più efficiente il Consiglio e fissa regole chiare per chi vuol diventare giornalista. Ma è solo un primo passo, un primo passo importante perché compiuto in modo cosi corale”.
Queste restrizioni servono per sostenere la crescita dell’informazione e per rendere consapevole, chi intraprende la professione, dei doveri nei confronti dei cittadini.
Qualcuno aveva avanzato l’ipotesi, per ora non accolta, della formazione di una Commissione Deontologica nazionale alla quale ricorrere contro le decisioni in materia disciplinare dei consigli regionali. Non approvata, nemmeno la creazione di un Giurì per tutelare i soggetti terzi e per svolgere le conciliazioni così da evitare il ricorso al giudizio civile/ penale.
Questi due punti sono quelli che hanno maggiormente amareggiato Enzo Iacopino, Presidente dell’Ordine, che ha commentato: “Alcuni aspetti sono un passo avanti, ma resta qualche amarezza e un profondo disagio. Tra le prime il fatto che siano state cancellate sia la proposta per una Commissione Deontologica Nazionale, sia quella per il Giurì. L’una e l’altro avrebbero consentito di dare risposte in tempi più rapidi ai cittadini riguardo comportamenti scorretti da parte dei giornalisti. Il disagio invece è legato all’introduzione di un rapporto tra professionisti e pubblicisti che penalizza fortemente i secondi. Avevamo invitato la Camera a lasciare all’Ordine la ripartizione proporzionale in base alla realtà in evoluzione della professione. L’auspicio è che ora il Senato corregga questi aspetti”.