“Non sono più abbastanza giovane per sapere tutto”, così Wilde stroncava il mito che la saggezza dell’uomo culmina con la sua età matura. “Spazio ai giovani”, diremmo oggi, specie in un mondo che ha sempre più bisogno di rinnovamenti e speranze per il futuro. Steve Jobs ha insegnato come le folli visioni della giovinezza possono cambiare il mondo. Dopo la sua morte rimane vivo il sogno. Il problema è che pochi ci credono per davvero, e la società invecchia nel grigiore di un presente che ha rinunciato alle proprie illuminazioni e utopie adolescenziali.
Poi, ecco, un ragazzino di 12 anni salire sul palco e stupire il mondo della scienza con la presentazione di nuove applicazioni informatiche. Esiste per davvero, si chiama Thomas Suarez e il suo nome in America è già piuttosto famoso. Il ragazzino prodigio ha già fondato una società di software (la Carrott-corp) e i suoi programmi per iPhone, iPad e iPod sono venduti in tutto il mondo. Il “piccolo Jobs” si ispira, ovviamente, al visionario fondatore della Apple, e con il suo idolo, condivide il sogno di cambiare il mondo.
In Italia, purtroppo, questa storia suonerà come una barzelletta. Troppo incardinata sui vecchi canoni culturali, la nostra vecchia e stanca società, per credere nel mito della giovinezza e del rinnovamento. Chissà! Forse ci sbagliamo? Speriamo, perché ragazzi con gli occhi aperti sul futuro e pronti a dar forma al nuovo ci sono anche qui. Dobbiamo solo lasciare loro la possibilità di guardare, e prestare, seriamente e senza pregiudizi, attenzione alle loro visioni.