Sarà una giornata ricordata nella storia spagnola quella di oggi. 36 milioni di cittadini sono stati chiamati alle urne per un voto che sancirà il ritorno della destra al potere dopo otto anni.
Dopo Irlanda, Portogallo, Grecia e Italia, dunque, anche la Spagna si prepara a cambiare governo, ma lo fa ricorrendo al voto, sotto la pressione della crisi e dei mercati. Salvo colpi di scena dell’ultimo minuto, secondo i sondaggi il favorito è Mariano Rajoy, che dovrebbe prevalere nettamente sul rivale socialista Alfred Rubalcaba e conquistare una maggioranza assoluta in parlamento. Non vi è ancora alcuna certezza se Rajoy, candidato premier per la terza volta, potrà governare con una maggioranza assoluta o sarà costretto a una coalizione.
Il candidato del PP ha promesso di ridare alla Spagna credibilità e dignità in Europa, e verso i mercati, di fare della lotta alla disoccupazione la priorità numero uno del suo governo e ha, infine, annunciato misure antideficit lacrime e sangue, ”tagli ovunque” – ma non ha precisato quali – meno che sulle pensioni.
Il voto di oggi sancisce la fine dell’era di José Luis Rodriguez Zapatero e di un quadriennio di crisi economica i cui effetti peggiori si sono avuti proprio con quest’ultimo.
La vittoria di Rajoy tuttavia rischia di non risollevare, affatto, la situazione economica: è probabile che la pressione dei mercati non si attenui con il cambio della guardia e che le politiche di Madrid finiscano – come hanno sottolineato diversi giornali spagnoli nei giorni scorsi – per essere dettate da Berlino.