I presidenti di Camera e Senato sono intervenuti nell’ambito delle polemiche sulla resistenza dei parlamentari al taglio dei loro stipendi.
In questi giorni è montata la protesta per la norma della manovra che prevede tagli degli stipendi dei parlamentari operati per decreto, qualora la commissione Istat non fornisca, entro il 31 dicembre, dati sulla media dei trattamenti economici dell’Unione europea.
La richiesta dei partiti di rimandare la decisione alla “competenza esclusiva delle Camere contro l’ingerenza del governo” ha fatto gridare all’ennesimo cavillo salva-casta.
“Non corrisponde al vero quanto ipotizzato da alcuni organi di informazione – hanno chiarito in una nota i presidenti delle due Camere – circa la presunta volontà del Parlamento di non assumere comportamenti in sintonia con il rigore che la grave crisi economica-finanziaria impone a tutti”.
Renato Schifani e Gianfranco Fini hanno chiesto oggi al presidente Istat, Enrico Giovannini, di concludere “nel più breve tempo possibile i lavori della commissione” incaricata di studiare le indennità parlamentari in Europa in modo da permettere al più presto il taglio delle indennità.
Anche gli esponenti delle principali forze politiche che sostengono il governo tecnico hanno precisato la volontà di operare tagli importanti agli emolumenti dei parlamentari.
Pier Ferdinando Casini, leader Udc, ha dichiarato: “Non c’è nessuno stop, siamo indisponibili a difese corporative per noi i tagli ci saranno nei tempi indicati dal governo”.
Atteggiamento propositivo anche per il partito più critico nei confronti dell’esecutivo del professor Monti: “Abbiamo presentato un emendamento che interviene sul trattamento economico dei parlamentari e ci auguriamo che, con senso di responsabilità, sia approvato”, ha precisato Antonio Di Pietro, leader Idv.