“Sigaretta sempre in bocca, sguardo fisso sulla strada e via…”, via dai contorni delicati di un lago lombardo per calpestare, avido di vita, i sentieri asfaltati della capitale inglese. L’importante è continuare a guardare la forma delle cose e registrarle, dei volti specialmente, che cambiano sempre ma, in fondo, restano sempre gli stessi. Questo è il viaggio di uno degli artisti italiani più interessanti del momento, Matteo Merla, che da ieri espone nella sua nuova Olympic Art Gallery al 195 di Shoreditch High Street, nel famoso quartiere londinese di Liverpool Street.
Originario di Lovere, splendido borgo sulle sponde del Lago D’Iseo, Matteo inizia sin da piccolo a mostrare una particolare sensibilità per i colori e il disegno. La sua forte creatività non farà fatica a trovare uno strumento espressivo nella pittura e nella scultura, anche grazie alla formazione artistica conclusa all’Accademia delle belle Arti di Brera. Il lavoro di Matteo si distingue da subito per la forte densità. Merla si dimostra un autore incredibilmente prolifico, collezionando un’ opera dietro l’altra con estrema naturalezza, costruendo e distruggendo quotidianamente come si soddisfa un bisogno naturale e necessario. È forse questa la caratteristica più rilevante del suo lavoro, che fa della sua opera una grandiosa biblioteca di creazioni che si moltiplica giorno per giorno. Un enorme scaffale di sensazioni e impressioni che si accumula nella storia dell’autore, e i cui pezzi a volte cadono a terra, lasciando in questo modo le tracce materiali di un passaggio nei posti incontrati lungo il cammino. Come per Dylan Thomas a proposito della poesia: “un’opera d’arte è un contributo alla realtà. Il mondo non è più lo stesso quando gli si è aggiunta un’opera d’arte”.
“Mi piace vedere la pittura come un diario dove registro le mie emozioni, un posto dove ripongo i miei segreti, così come fanno i ragazzi”. Questo è il significato più intimo e vero. Sulla scena contemporanea Merla si distingue per la forte figuralità della sua opera. Nel dibattito odierno tra la forma e l’informe, l’artista bergamasco sceglie senza ombra di dubbio la prima strada. La forma è sacra nelle sue rappresentazioni; i contorni dei suoi ritratti possono sì sfumarsi con gli elementi naturali e non, ma una idea di figura resta sempre individuabile dallo spettatore. L’attenzione ai volti e ai corpi ossessiona i suoi quadri come i paesaggi per gli impressionisti, o le nature morte per i pittori del tardo Rinascimento.
È l’uomo, la persona, il fine ultimo del lavoro di Merla. A testimoniarlo il grandioso progetto, promosso dal London Council, di una serie di 5000 ritratti dei cittadini della City. Come un flaneur dei tempi moderni, il pittore “bazzica” per le strade caotiche e sotterranee della città per rapire uno sguardo, un atteggiamento che riveli qualcosa. Il senso della vita sta nella forma dei visi, negli sguardi degli uomini che popolano le metropoli anonimamente, ma che conservano sempre, nella loro particolare fisionomia, una storia speciale ed unica.
Merla trascende ogni definizione di genere. Il significato della sua opera sta nella forma imprescindibile, nell’arte in quanto continuo lavorìo sulla vita e nella fiducia nell’individualità dell’uomo. Tutto il resto si può definire ironicamente “Impressionismo cubista astratto con qualche colpo di barocco”! Nella confusione totale dell’arte di oggi, il lavoro di Merla merita una seria attenzione. Quando l’arte poi si fonde in maniera così totale con la vita, lo scopo per l’artista è già raggiunto. “Il gatto”, così veniva soprannominato Matteo ai tempi del liceo, continua a vagabondare curioso in cerca di persone che possano dargli qualcosa: emozioni, bellezza e specialità. Sfiora le costruzioni della società snobbandole e si ferma a guardare soltanto le forme che meritano di essere tradotte, che rivelano il significato mistico delle cose per accordarlo con le sue sensazioni. Non ha bisogno di nient’altro che vedere con gli occhi della pittura.