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L’Italia liberalizzata

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Questa notte ho fatto un sogno. Ho sognato di risvegliarmi in un’Italia diversa: un’Italia “liberalizzata”.
Non c’era sabato, domenica e festa patronale, che avesse potuto interrompere i ritmi frenetici di quel bel Paese. Senza distinzione, da nord a sud.

Potevi trovare un taxi in qualsiasi minuto della giornata, senza attese infinite sulle banchine di sosta. Non c’era negozio che fosse vincolato ad orario. Uscendo nel mezzo della notte potevi scorgere qualche pazzo squilibrato che stava appena aprendo la sua boutique. Si intravedeva da lontano persino qualche distributore di benzina che vendeva carburanti a prezzi più bassi. Si passava da circa € 1.80 al litro ad € 1.60, 1.65.
Vedevi gente entrare nei supermercati ed uscire da lì con medicinali (quelli di fascia C che richiedono la ricetta e non sono rimborsabili dal servizio sanitario nazionale).
Fior fiori di giovani professionisti che prestavano la propria attività intellettuale a prezzi competitivi, riuscendo così a rubare clientela ai famosi baroni.
E udite udite: “Ho persino visto sparire lunghissime file alle Poste Italiane per inviare una semplice raccomandata”. Frutto di un decreto che liberalizzando aveva dato l’opportunità a nuovi operatori di entrare nel mercato in regime di concorrenza.
Insomma ho visto cose che voi umani non potreste immaginarvi.
Poi vengo risvegliato da un frastuono. Apro gli occhi, mi affaccio alla finestra e vedo tassisti scioperare, farmacisti imbestialiti che rivendicano il loro ruolo di protagonisti (ndr monopolisti) nello smercio di farmaci di qualsiasi tipo, avvocati inviperiti contro il Governo per aver messo il loro lavoro all’asta.
Tutto inizia ad essere più vero. Ma non sono ancora completamente lucido. Allora esco velocemente di casa per comprare il giornale. E sulla prima pagina di un noto quotidiano vedo questo titiolo: “In Italia liberalizzazioni più difficili che altrove”.
Monti, per favore ci faccia ancora sognare…