La vita di ognuno di noi ha una colonna sonora, in alcuni casi è allegra, in altri triste, in altri casi malinconica, e riproduce la melodia graffiante di un violoncello o di un sax ispirati dall’incontro tra la giovinezza e il suo ricordo.
È proprio il tema del tempo che passa, silenzioso e invisibile, quello affrontato da uno dei maggiori esponenti della narrativa contemporanea britannica, Kazuo Ishiguro, scrittore giapponese naturalizzato inglese, nel libro Notturni, cinque storie di musica e crepuscolo, del 2009. Nei suoi cinque racconti avviene il doloroso scontro tra il presente e il passato che viene, in qualche modo, addolcito dalla presenza della musica, che riesce, nonostante tutto, a fermare in un modo o nell’altro il tempo o a riportarlo in un momento che vogliamo rivivere. Il tutto è incorniciato dal crepuscolo, quel momento particolare della giornata in cui tutto sembra un po’ più triste, perchè ci ricorda che, indipendentemente da quanti sforzi possiamo fare, prima o poi tutto dovrà finire. Può finire un matrimonio, nonostante l’amore non abbia mai smesso di ardere, può finire un’amicizia, anche senza un motivo preciso.
Nonostante questi temi crepuscolari, nel libro non mancano note allegre, di speranza, di un inizio nuovo che può nascere solo dalla fine di qualcos’altro, o da una bugia, o da un incontro casuale. Le figure solitarie e un po’ infelici per l’assenza di qualcosa che non riescono ad identificare che popolano i racconti sono il riflesso di tutti noi: i loro incontri con personaggi quasi speculari, spesso dell’altro sesso, che riescono a scuoterli dal torpore in cui erano caduti e che mostrano loro una via d’uscita reale e vicina dalla loro vita costantemente incompleta (ma che non sempre seguono), sembrano in realtà quei sogni che a volte si fanno nella fase che sta a metà tra la veglia e il sonno, in cui abbiamo l’impressione di incontrare il nostro vero io, la nostra coscienza, che ci consiglia su cosa dovremmo o non dovremmo fare, e a cui, al nostro risveglio, a volte obbediamo e altre volte no.
Ma è sempre la musica a farla da padrona, manifestandosi attraverso le parole dei protagonisti, tutti musicisti, anche quando non la stanno realmente suonando: si tesse così la trama di un costante sottofondo di note che escono direttamente dalla mente dei protagonisti e che a ognuno di noi appariranno diverse, ma, in ogni caso, ci terranno compagnia. Sembra quasi che, in fondo, l’unica cosa che Ishiguro stia tentando di insegnarci con questi racconti è che la musica sia l’unica cosa, o almeno una delle poche, capace di salvarci soprattutto da noi stessi, dalla nostra solitudine e dal silenzio che c’è intorno a noi, perchè solo la musica riesce realmente a capirci.
Ognuno di noi dovrebbe cercare la sua musica interiore, e forse non è possibile trovarla leggendo questo libro, ma di sicuro Kazuo Ishiguro regala un’esperienza di lettura unica che, anche se solo per qualche ora, ci riempirà le orecchie e impedirà momentaneamente al crepuscolo di trasformarsi in notte. E forse scopriremo che l’altra ancora di salvezza a cui l’uomo può ancora aggrapparsi è proprio la letteratura: in fondo, non siamo mai soli, quando siamo in compagnia di un buon libro.
Come di una buona canzone.