Nel vedere “Ubu Roi” si capisce subito che per il regista Roberto Latini non è stato sufficiente creare uno spettacolo con degli ottimi attori o con un ottimo testo, ciò che gli premeva era dare un contribuito personale e decisamente originale a un’opera che ha segnato un capitolo importante nella storia della drammaturgia.
Quello che si vede nello spettacolo è una reinterpretazione del testo di Jerry che, con un linguaggio nuovo, spiega quello che il drammaturgo aveva intenzione di dire.
Ubu Roi è una delle più riuscite critiche alla sete di potere, scritto con una drammaturgia che apre le porte a quello che successivamente prende il nome di teatro dell’assurdo; staccandosi dalle canoniche righe della regia e della messinscena, Latini è riuscito a rendere con una precisione quantomai rara il significato che Jerry avrebbe voluto dare all’opera.
Difficilmente a teatro si riesce a vedere un lavoro ugualmente ben fatto; spesso i registi hanno come un timore: metterci troppo del proprio, significherebbe mancare di rispetto all’autore, vanificare tutto l’impegno che ha riversato su quei fogli rischiando, però, di comunicare solo in parte – o addirittura per niente – il suo messaggio; ma dove va a finire il processo comunicativo che parte dall’autore e, attraverso il palcoscenico, arriva allo spettatore se la compagnia non sa fare da tramite? In un paese dei balocchi per istrioni Latini introduce un singolare Pinocchio che cita Shakespeare e Carmelo Bene, li mette in ridicolo, deride l’intero teatro in tutta la sua storia proprio come Jerry deride il potere. Eccolo il tramite.
Se le parole di Jerry possono avere un significato diverso e più recondito, allora forse anche ciò che viene visto deve essere interpretato diversamente: se lo scettro del re è una metafora, allora non è poi così sbagliato rappresentarlo con un megafono.
In questa rappresentazione dell’Ubu Roi non si può fare a meno di notare che nulla è stato lasciato al caso; il testo, per quanto sovvertito, è stato studiato con uno scrupolo quasi maniacale.
Per rendere tutto ciò, però, non è sufficiente un ottimo regista quale è stato Latini ma è necessario l’aiuto di un eccezionale cast che sia in grado di tenere un ritmo spinto sempre oltre i limiti di velocità, che sia disposto a essere folle e a sudare (anche letteralmente parlando).
Non è facile essere originali e sicuramente non lo è quando si decide di non utilizzare mezzi costosi o scenari sofisticati, tuttavia è nella scelta di semplicità che spesso nasce il genio (come diceva Braque: troppo colore uguale nessun colore) ed è per questo che ritengo geniale lo spettacolo andato in scena al teatro India; non c’è da meravigliarsi che non è da tutti i giorni vedere un teatro simile, purtroppo – o per fortuna – spettacoli così capitano solo in pochi fortunati momenti.
Assolutamente d’accordo!!! Uno spettacolo straordinariamente poetico ed emozionante, è un vero privilegio averlo visto! E’ necessario che torni in scena in quanti più teatri è possibile, in quanto patrimonio culturale di cui tutto il Paese dovrebbe beneficiare!