Da poco uscito in libreria per Garzanti il saggio Italia, cresci o esci, di Roger Abravanel e Luca D’Agnese.
Il primo ha lavorato per McKinsey per trentacinque anni, e oggi ne è director emeritus; è inoltre consigliere di amministrazione di Luxottica Group S.p.A., Banca Nazionale del Lavoro S.p.A., Teva Pharmaceutical Industries Ltd e dell’Istituto Italiano di Tecnologia. Luca D’Agnese è stato partner di McKinsey e amministratore delegato di diverse aziende del settore energia. Attualmente è presidente di ENEL Romania. Insieme avevano scritto anche i due libri Meritocrazia e Regole.
Il tema del secondo capitolo è “perché l’Italia non cresce?”.
A quanto si legge l’economia italiana è immobile da più di dieci anni perché incapace di operare quella transizione verso un’economia di tipo postindustriale che l’avrebbe conservata sulla cresta dell’onda. È invece rimasta ancorata a un modello industriale-manifatturiero vecchio di cinquant’anni. I nostri imprenditori, per la maggior parte, sono rimasti legati alle fabbriche e non sono stati capaci di sviluppare altre dimensioni di competitività, dal commercio all’acquisizione di altre aziende. Le piccole dimensioni e la frammentazione delle imprese non hanno poi consentito di approfittare in pieno della rivoluzione digitale.
L’Italia è ancora il secondo paese in Europa per dimensione del settore manifatturiero e moltissime imprese italiane sono competitive sui mercati di tutto il mondo, ma ciò non è più sufficiente a trascinare l’economia dell’intero paese.
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