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Psichiatria e distorsione della giustizia

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Dalla perizia psichiatrica non ci si può difendere perché è un’opinione, non un fatto”. Così l’avvocato Francesco Morcavallo, che afferma come “l’attribuzione di rilevanza giuridica alla malattia mentale – a prescindere dal fatto che essa esista o meno – costituisce semplicemente la stigmatizzazione della diversità, e non dovrebbe decidere l’esito di un processo.

Al Grand Hotel Villa Torretta di Sesto S Giovanni (Mi), si è tenuto il convegno “Psichiatria e distorsione della Giustizia. Obiettivo dell’evento, organizzato dal CCDU (Comitato dei Cittadini per i Diritti Umani) e dalla sezione italiana della LIDU  (Lega Internazionale per i Diritti dell’Uomo), è stato far luce su una pericolosa deriva del sistema giudiziario, quasi appiattito su perizie psichiatriche che tendono sempre più ad assumere valenza di prova oggettiva, e su come questa deriva sia lesiva dei diritti umani.

I lavori sono stati aperti da Silvio De Fanti, vicepresidente del CCDU, che ha riportato una descrizione disincantata e dissacrante di come la giustizia abbia abdicato in favore della psichiatria.
Ha poi preso la parola il prof. Morris Ghezzi, presidente della LIDU, che ha spiegato come sia cambiato il ruolo del giudice, il quale “non è più peritus peritorium – esperto degli esperti, che ascolta i pareri dei periti ma poi si riserva di fare una valutazione indipendente – ma ha ceduto la funzione di controllo sociale alla medicina, e alla psichiatria in particolare”.

La perizia psichiatrica rappresenta infatti un’anomalia nel sistema giudiziario. A tal proposito, Giorgio Pompa, ex Telefono Viola e ora rappresentante dell’Associazione dalle Ande agli Appennini, ha spiegato come tra le perizie d’ufficio, quella psichiatrica rappresenta una triplice anomalia: per l’oggetto dell’indagine (non un oggetto visibile e misurabile ma un soggetto – e non una persona qualsiasi: l’imputato!) per il rapporto con la sentenza (spesso il giudice non esercita la sua funzione di perito dei periti, ma recepisce in maniera acritica il parere psichiatrico, che poi diventa la sentenza) e per i diritti dell’imputato (come mi difendo se uno psichiatra dice che sono un papà violento anche se non c’è nessuna prova oggettiva di violenza?).

Ha chiuso i lavori del convegno, tenutosi il 23 ottobre scorso, il dott. Roberto Cestari, presidente del CCDU, con una carrellata storica sulle origini della psichiatria e sulla catalogazione dell’anormalità. “In mancanza di prove oggettive (radiologiche, biochimiche o altro) la diagnosi psichiatrica non ha la stessa valenza di una diagnosi medica, e dovrebbe essere considerata una semplice teoria, un’ipotesi – non un ‘fatto’. Nell’aula di un tribunale, essa non dovrebbe avere valore probatorio”.

Al termine dell’incontro, alcuni rappresentanti di varie associazioni hanno espresso il desiderio di creare un network stabile, che possa lavorare a vari livelli per riportare la funzione di controllo sociale nell’ambito della Giustizia, sottraendola all’abbraccio mortale con la psichiatria.