«Meglio ‘nu figlio prevete ca ‘nu figlio artista», così affermava Anna Clemente la donna che 116 anni fa nel rione Sanità a Napoli al numero 109, o forse 107 secondo altre fonti, mise alla luce Antonio De Curtis, in arte Totò. Ma il “Principe della risata” di farne il prete non ne volle sapere dimostrando fin da bambino una forte vocazione artistica che gli impediva di dedicarsi allo studio, cosicché dalla quarta elementare fu retrocesso in terza. La cosa però non creò in lui molto imbarazzo, anzi intratteneva spesso i suoi compagni di classe con piccole recite, esibendosi con smorfie e battute.
Trascorreva gran parte delle giornate ad osservare le persone più eccentriche, ad imitarne i gesti e i movimenti. Uno studio degli altri che avveniva quasi in sordina ma che ha contribuito alla formazione artistica di quel grande personaggio che è poi diventato.
Totò ha sempre vissuto con il complesso delle sue origini di figlio di nessuno. Figlio del marchese Giuseppe De Curtis che, inizialmente, non lo riconobbe come figlio naturale, Totò soffrì non poco del fatto che risultasse all’anagrafe figlio di N.N. Solo nel 1921 il padre naturale sposa sua madre e Antonio diventa Antonio De Curtis (il riconoscimento vero e proprio sarà però del 1928).
Oggi Napoli celebra uno dei suoi attori più illustri. Con ben 97 film all’attivo in 30 anni, Totò è considerato il più grande attore di tutti i tempi nel suo genere, paragonato all’inglese Charlie Chaplin.