Oggi la Camera dei Deputati procederà alle dichiarazioni di voto da parte dei gruppi e al voto finale sulla riforma della legge elettorale. Ieri, infatti, l’aula della Camera ha concluso l’esame degli emendamenti e degli ordini del giorni riguardanti la riforma.
Il neo nato governo già trema, ma con tutta probabilità l’Italicum alla Camera si sta avviando verso il primo sì, nonostante la maratona notturna e soprattutto nonostante le votazioni ad altissimo rischio.
L’intesa Renzi – Berlusconi, per il momento, sembra reggere, essendo stati respinti gli emendamenti che avrebbero potuto minarla, come ad esempio quello sulla doppia preferenza di genere sul quale il premier Matteo Renzi ha evitato lo scivolone per 20 voti soltanto e si è visto costretto a schierare in Aula tutto il governo ben compatto, compreso di ministri e sottosegretari. Restano bloccate le liste dei candidati in Parlamento e si evita il peggio anche sull’emendamento per reintrodurre le preferenze, bocciato per 35 voti (264 sì contro 299 no).
Intanto, è arrivato il via libera su due pietre angolari dell’Italicum: l’emendamento che prevede la soglia di sbarramento al 37% per ottenere il premio di maggioranza al 15% (315 sì, 237 no), la soglia di ingresso del 4,5% per i partiti in coalizione, dell’8% per i partiti non coalizzati e del 12% per le coalizioni. Passano anche il ballottaggio tra le due coalizioni che ottengono più voti ma non superano la soglia del 37% ed i criteri ed algoritmi per la ripartizione dei seggi.
L’Aula ha bocciato, invece, le primarie obbligatorie per scegliere i candidati. E Matteo Renzi, alla vigilia del decisivo consiglio dei ministri di oggi, fin dal mattino ha dovuto fare i conti con il forte malumore di un Pd spaccato e l’ha quindi convocato al Nazareno per blindare l’accordo e sedare gli animi dopo la bocciatura sulle quote rosa.
“Se qualcuno non vuole votare oggi – ha detto il premier – lo deve spiegare bene fuori da qui. Vi chiedo, come Pd, di chiudere oggi o questo ricadrà su di noi”. La situazione, però, è particolarmente complicata per il neo premier e già segretario, che si ritrova con una minoranza Pd che tenta di mettere in difficoltà il patto con il Cavaliere, e con l’affondo di Pier Luigi Bersani che ha dichiarato: “Al Senato dovrà essere cambiato qualcosa. Capisco gli accordi e che Berlusconi sia affezionato ad alcuni punti, ma dovrà farsene una ragione pure lui”. La Bindi, invece, ha già annunciato il voto contrario, mentre Cuperlo e Fassina parlano di “ferita”, Sandra Zampa di “trappole” e perfino il renziano Richetti ha ammesso che “qualche errore è stato commesso”.
Renzi, che aveva sperato di poter chiudere sulla legge elettorale già nello scorso mese di febbraio, deve perciò promettere che, prima dell’approdo al Senato, si potrà ridiscutere di tutto in una riunione congiunta dei gruppi parlamentari, approfondendo i punti critici.