Il decreto lavoro, firmato dal ministro Giuliano Poletti, ha avuto oggi il via libera della Camera per la conversione in legge. La votazione si è conclusa con 283 voti favorevoli, 161 voti contrari e un astenuto, ma ora il testo dovrà superare anche l’esame al Senato.
Il decreto, in realtà, aveva già passato la prova della Camera ieri con 344 voti favorevoli e 184 contrari, ma il governo aveva scelto di porre la fiducia sul provvedimento, dal momento che erano nate delle divisioni all’interno della maggioranza. Il Nuovo centrodestra di Angelino Alfano aveva annunciato il suo voto contrario, e Scelta civica aveva espresso molti dubbi, ma alla fine entrambi i partiti hanno votato la fiducia.
Il decreto lavoro – che si inserisce nel Jobs Act, il piano di riforme sul mercato del lavoro presentato l’8 gennaio dal premier Matteo Renzi – era stato approvato dal consiglio dei ministri il 12 marzo. Il testo, però, dopo il passaggio alla commissione lavoro della camera, ha subito alcune modifiche, volute soprattutto da alcuni esponenti del Pd. Il Nuovo centrodestra di Alfano e gli altri partiti della maggioranza, così come Forza Italia, si oppongono a queste modifiche chiedendo di tornare al testo originale del decreto. Per questo il Nuovo centrodestra ha annunciato che si batterà al senato per cancellare le modifiche, anche se il leader Alfano ha rassicurato Renzi riguardo la tenuta del governo. Il Movimento 5 stelle, invece, si oppone all’intero provvedimento fin dall’inizio.
Ma quali sono le riforme previste dal decreto lavoro? Di seguito, eccone le principali:
1. la durata dei contratti a tempo determinato senza causale, cioè quelli per cui non è obbligatorio specificare il motivo dell’assunzione, viene alzata da un anno a tre anni e la forza lavoro assunta con questo tipo di contratto non potrà essere più del 20 per cento del totale degli assunti;
2. i contratti a tempo determinato si potranno rinnovare fino a un massimo di cinque volte in tre anni, sempre che ci siano ragioni oggettive e si faccia riferimento alla stessa attività lavorativa;
3. salta l’obbligo di pausa tra un contratto e l’altro;
4. i contratti di apprendistato avranno meno vincoli, ma è stato reintrodotto l’obbligo per i datori di lavoro di assumere a tempo indeterminato alcuni apprendisti per assumerne di nuovi. L’obbligo di stabilizzazione riguarda solo le aziende con almeno 30 dipendenti e la quota minima di apprendisti da stabilizzare è il 20 per cento. La busta paga base degli apprendisti sarà pari al 35 per cento della retribuzione del livello contrattuale di inquadramento;
5. la formazione pubblica per l’apprendistato sarà di nuovo obbligatoria, a condizione che la regione provveda a comunicare al datore di lavoro come sfruttare l’offerta formativa entro 45 giorni dall’inizio della firma del contratto. Il datore dovrà quindi integrare la formazione aziendale (on the job) con la formazione pubblica;
6. le donne che restano incinte durante un contratto a tempo determinato possono conteggiare anche la maternità come durata del contratto, superando così la soglia dei sei mesi (durata minima che la legge vigente richiede per il riconoscimento del diritto di precedenza) e se un’azienda assume nei dodici mesi successivi, le donne in congedo maternità hanno la precedenza;
7. è prevista l’abolizione del Durc, il documento sugli obblighi legislativi e contrattuali delle aziende nei confronti di Inps, Inail e Cassa edile, che sarà sostituito da un modulo da compilare su internet.