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Concessioni fiscali segrete, coinvolte anche aziende italiane

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L’International Consortium of Investigate Journalists (Icij) ha condotto un’inchiesta per denunciare situazioni di concessioni fiscali segrete da parte del governo del Lussemburgo a grandi aziende multinazionali.

Le concessioni sarebbero state date tra il 2002 e il 2010 e, tra le aziende coinvolte, ce ne sarebbero anche alcune italiane, dove “alcune” sta per ben trentuno.

L’inchiesta, che è già stata pubblicata da quaranta giornali in tutta Europa, si è avvalsa di 28mila documenti segreti che sono stati utili al fine di svelare l’inganno.

Come si facevano gli affari segreti? In pratica in base all’accordo, le aziende potevano spostare in Lussemburgo enormi quantità di denaro sul quale pagavano, però, tasse irrisorie. Per esempio, alcune aziende, che hanno trasferito i profitti in Lussemburgo, hanno pagato un’aliquota inferiore all’uno per cento.

Il Lussemburgo, considerato uno dei principali paradisi fiscali del mondo, aveva fatto accordi con più di 340 aziende e banche tra cui figurano anche marchi molto noti come Apple, Amazon, Ikea, Pepsi, Heinz, Verizon e Gazprom. Tra le aziende italiane coinvolte, invece, ci sono: Intesa San Paolo, Unicredit, Banca Marche e Sella, Finmeccanica e Fiat.

Inoltre, l’inchiesta coinvolge l’attuale presidente della Commissione europea, Jean-Claude Juncker, che è stato primo ministro del Lussemburgo tra il 1995 e il 2013, quindi per ben diciotto anni.

A questo punto, alcuni parlamentari europei hanno chiesto le dimissioni di Juncker ma, intanto, il presidente della Commissione ha solo annullato la sua partecipazione ad una conferenza prevista a Bruxelles e tramite il suo portavoce ha fatto sapere che “è sereno”.

Il premier attuale del Lussemburgo, invece, Xavier Bettel, si è difeso dicendo che gli accordi fiscali anticipati o tax ruling, ovvero il sistema che permette di definire in anticipo il trattamento fiscale riservato a un’azienda, “sono conformi alle leggi internazionali”.

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