“Cosa hai fatto di recente?” oppure “A cosa stai pensando” sono le domande davanti alle quali ci pone Facebook tutti i giorni e quasi certamente più volte al giorno. Domande semplici semplici, che, tuttavia, in alcuni casi possono generare ansia e confusione in alcune tipologie di persone alle quali, quindi, sarebbe importante chiedere “Ti sei mai chiesto come sarebbe la tua vita senza Facebook?”.
Come sarebbe o anche come era, perché per pensare alla propria vita senza il tanto discusso social network, non bisogna lavorare poi tanto d’immaginazione, ma basta fare un salto critico nel proprio passato recente e lavorando sui ricordi si trovano le risposte a questa domanda.
Domanda che, attenzione, non faccio io nel senso che non mi sono alzata stamattina con questo quesito che mi frulla per la testa, ma la fanno o almeno ci provano a farla dei creativi olandesi che, lavorando in gruppo, hanno dato vita ad un esperimento che ha l’ambizioso scopo di liberare le persone dalla dipendenza dal social network di Mark Zuckerberg.
L’esperimento si chiama “99 Days of freedom” e si pone l’obiettivo di portare libertà dal social network in soli 99 giorni, appunto, che per chi è realmente dipendente, in realtà, non sono poi così pochi. Un’impresa ardua, quindi, che però conta già l’adesione di 40 mila utenti che hanno iniziato il loro percorso di disintossicazione.
Lo slogan della campagna, ideata come già accennato da un gruppo di creativi olandesi dell’associazione non profit Just, è, in maniera molto didascalica “Smettere di condividere, cliccare like, chattare o aggiornare il proprio profilo” per liberarsi dal social network e riappropriasi, per contro, del proprio tempo libero da impiegare in mille altri modi più proficui e positivi.
Per molti utenti la vita e la gestione del tempo libero in particolare sono cambiate dopo l’avvento di Fcebook, mentre altri addirittura non potrebbero neanche dire com’è una vita senza Facebook e senza quell’io virtuale, perché sono troppo giovani e il loro primo approccio alla rete magari è passato proprio per il social network. Dipendenti, quindi, che soffrono di quella che gli psicoterapeuti chiamano “social obsession”.
Non solo parole. In media chi ha un profilo Facebook trascorre circa 40 minuti al giorno davanti al sito a condividere contenuti di ogni tipo, aggiornare il profilo, seguire quello che pubblicano gli altri contatti e si tratta solo di una media, quindi, è probabile che ci siano persone che trascorrono anche molto più tempo sul social network, finendo per diventare quindi davvero dipendente senza neanche rendersene conto.
Rodolfo Ciofi, segretario del Movimento psicologi indipendenti ha spiegato che “La dipendenza da social è particolare, perché le persone non la percepiscono come tale. Chi passa intere ore davanti al computer tende di certo a isolarsi, ma la cosa paradossale è che in quell’universo virtuale si sente bene perché non è solo”.
Ma come fare, quindi, per disintossicarsi in 99 giorni?
Sembrerebbe semplice secondo il team olandese. Basta loggarsi alla propria pagina – sempre che vi siete mai “sloggati” – e cambiare l’immagine del profilo con il logo della campagna e condividere un link in cui si da il via al proprio countdown. Qui comincia la parte difficile. Una volta aggiornata la propria immagine di profilo e/o di copertina, infatti, si esce dal profilo, si rimuovono le applicazioni dallo smartphone e si comincia con i 99 giorni di libertà e astinenza.
Potrebbe sembrare ancora abbastanza semplice, ma durante l’esperimento, i partecipanti sono chiamati a rispondere a domande a distanza di 33, 66 e 99 giorni per verificare che si stia resistendo alla tentazione di sapere che cosa accada in rete, ma sopratutto se davvero questa “liberazione” possa giovare alla propria esistenza. Secondo gli ideatori, in questo modo si guadagnerebbero 1.683 minuti di vita reale da poter utilizzare per fare altre attività.
Secondo Ciofi, chi soffre di questa dipendenza non è per forza di cose una persona che ha dei problemi di relazione o di altro tipo. “Normalmente si tratta di questioni che hanno a che fare con la carenza d’affetto e la solitudine – spiega – Ma può riguardare indistintamente chiunque di noi”.
Uno studio condotto dall’Università del North Carolina, dal titolo “sindrome da like”, infatti, rivela che la ragione della dipendenza dai social va ricercata nel nostro cervello. Si tratta, in poche parole, del rilascio di dopamina, un neurotrasmettitore coinvolto nei fenomeni di dipendenza. Ricevere un “mi piace” sotto un link o una foto rilascerebbe nell’organismo la dopamina facendoci percepire per pochi istanti una sorta di “appagamento”.
Provare a smettere, quindi, probabilmente ci priverà dell’ebbrezza da like, ma sicuramente ci farà aprire gli occhi – meglio spalancare – su tante meraviglie del mondo.