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Guida al Jobs Act

Il Jobs Act spiegato punto per punto

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La Gazzetta Ufficiale numero 54 del 6 marzo 2015 contiene la pubblicazione di due decreti legislativi, ovvero i numeri 22 e 23 del 4 marzo 2015 che, se citati in questi termini, forse sembrano sconosciuti alla maggior parte di noi, ma si tratta in realtà di due tra le disposizioni più discusse delle ultime settimane, perché insieme costituiscono quello che volgarmente è stato definito come “Jobs Act”.

Il Jobs Act, tanto discusso proprio perché effettivamente tanto importante, è l’insieme di due decreti attuativi della legge delega numero 183 in materia di lavoro del 10 dicembre 2014. I due decreti in questione, in particolare, “recano” l’uno “disposizioni per il riordino della normativa in materia di ammortizzatori sociali in caso di disoccupazione involontaria e di ricollocazione dei lavoratori disoccupati” e l’altro “disposizioni in materia di contratto di lavoro a tempo indeterminato a tutele crescenti”.

Di certo non si può dire che Governo e Parlamento parlino un linguaggio pop nel senso di facilmente comprensibile da parte del popolo a cui si rivolgono, quindi cerchiamo di tradurre in termini più semplici la questione, procedendo a piccoli passi. D’altronde, capire il linguaggio di questi decreti equivale a capirne il senso non soltanto da un punto di vista linguistico, ma anche se non soprattutto da un punto di vista pratico ovvero facente riferimento alla portata che questo “atto del lavoro” ha sulla vita quotidiana e lavorativa di noi cittadini.

Innanzitutto, occorre specificare che, secondo le modalità e i tempi previsti dalla nostra attuale Costituzione per l’iter legislativo, la sua conclusione e la relativa entrata in vigore di una legge, il Jobs Act è ufficialmente vigente a partire dallo scorso sabato 7 marzo 2015. Non è più, quindi, una possibilità di riforma del sistema del lavoro in Italia, ma è la reale riforma del lavoro, quella a cui fare riferimento pertanto per capire come sono regolati i rapporti tra lavoratori e datori di lavoro: assunzioni, licenziamenti, diritti, doveri e quant’altro si possa immaginare sul posto di lavoro sono tutti nelle mani di questi provvedimenti o per meglio dire tra le loro righe.

Come anticipato, quindi, il Jobs Act si compone di due importanti decreti legislativi, che vediamo di seguito con le relative novità che comportano da quando sono entrati in vigore la scorsa settimana.

  1. Il Decreto legislativo 4 marzo 2015, n° 22, recante Disposizioni per il riordino della normativa in materia di ammortizzatori sociali in caso di disoccupazione involontaria e di ricollocazione dei lavoratori disoccupati ha introdotto tre importanti novità:
  • la Naspi ovvero la nuova assicurazione sociale per l’impiego valida – come si legge nella comunicazione ufficiale sul sito del Ministero del lavoro e delle Politiche Sociali “per tutti i lavoratori dipendenti che abbiano perso l’impiego e che hanno cumulato almeno 13 settimane di contribuzione negli ultimi 4 anni di lavoro ed almeno 30 giornate effettive di lavoro negli ultimi 12 mesi. La base retributiva della Naspi sono gli ultimi 4 anni di impiego (anche non continuativo) rapportati alle settimane contributive e moltiplicati per il coefficiente 4.33”. Attenzione, però, che la Naspi viene ridotta del 3% al mese, dopo i primi 4 mesi di pagamento e la durata prevista è di un numero di settimane pari alla metà di quelle contributive degli ultimi 4 anni di lavoro. Inoltre, la sua erogazione è condizionata alla partecipazione del disoccupato ad iniziative di attivazione lavorativa o di riqualificazione professionale;
  • una volta scaduta la Naspi, a chi non ha ancora trovato impiego e si trova in condizioni di “particolare necessità” viene riconosciuto l’Asdi ovvero un assegno di disoccupazione introdotto a partire dal 1 maggio 2015 in via sperimentale per quest’anno. “La durata dell’assegno, che sarà pari al 75% della retribuzione Naspi, è di 6 mesi e verrà erogato fino ad esaurimento dei 300 milioni del fondo specificamente costituito”;
  • infine c’è il Dis-Col ovvero “l’indennità di disoccupazione per i co.co.pro. (iscritti alla Gestione separata INPS) che perdono il lavoro. Vale tre mesi di contributi dal gennaio dell’ultimo anno di lavoro ed un mese nell’ultimo anno solare. È rapportata al reddito e l’importo è graduata come per la Naspi, con tetto massimo di 1.300 Euro ed un taglio mensile del 3% a partire dal quinto mese di erogazione. La durata è pari alla metà delle mensilità contributive versate fino ad un massimo di 6 mesi. Anche questa indennità è condizionata alla partecipazione ad iniziative di politiche attive”.
  1. Il Decreto legislativo 4 marzo 2015, n° 23, recante disposizioni in materia di contratto di lavoro a tempo indeterminato a tutele crescenti regola, invece, altre quattro situazioni particolari:
  • il contratto a tutele crescenti che si applica ai lavoratori assunti con contratto a tempo indeterminato dopo l’entrata in vigore del decreto e per i quali stabilisce una nuova disciplina dei licenziamenti individuali e collettivi. Si tenga in considerazione che per i lavoratori assunti prima dell’entrata in vigore del decreto restano valide le norme precedenti. Per i licenziamenti discriminatori e nulli resta la reintegrazione nel posto di lavoro. Per i licenziamenti disciplinari, invece, la reintegrazione resta solo per quelli di cui sia dimostrata “l’insussistenza del fatto materiale contestato”. Negli altri casi in cui si accerti che non ricorrano gli estremi del licenziamento per giustificato motivo, ovvero i cosiddetti “licenziamenti illegittimi”, viene introdotta una tutela risarcitoria certa, commisurata agli anni di anzianità e, quindi, sottratta alla discrezionalità del giudice. Attenzione, però, perché per evitare di andare in giudizio si potrà fare ricorso alla nuova “conciliazione facoltativa incentivata”. In questo caso il datore di lavoro offre una somma esente da imposizione fiscale e contributiva pari ad un mese per ogni anno di servizio, non inferiore a due e sino ad un massimo di diciotto. Con l’accettazione il lavoratore rinuncia alla causa;
  • i licenziamenti collettivi per i quali il decreto stabilisce che, in caso di violazione delle procedure stabilite dalla legge o dei criteri di scelta stabiliti sempre dalla legge si applica sempre il regime dell’indennizzo monetario che vale per gli individuali da un minimo di 4 ad un massimo di 24 mensilità;
  • le piccole imprese per le quali la reintegra resta solo per i casi di licenziamenti nulli e discriminatori, mentre negli altri casi di licenziamenti ingiustificati è prevista un’indennità crescente da 2 a 6 mesi;
  • infine è stabilito che la nuova disciplina del lavoro si applica anche ai sindacati e ai partiti politici.

Oltre i due decreti appena descritti, anche la legge numero 190 del 2014 meglio conosciuta come “Legge di Stabilità” ed entrata in vigore a gennaio 2015 ha introdotto importanti novità relative al mondo del lavoro. In particolare, questa legge ha introdotto l’”esonero contributivo Inps” per i datori di lavoro che assumono lavoratori a tempo indeterminato dal 1 gennaio 2015 al 31 dicembre 2015. L’esonero ha una durata massima di 36 mesi e un valore massimo di 8.060 euro all’anno. L’esonero contributivo Inps spetta:

  • in caso di assunzioni a tempo indeterminato a scopo somministrazione di lavoro;
  • se l’assunzione a tempo indeterminato costituisce attuazione di un obbligo di legge o contratto collettivo;
  • in caso di trasformazione di un rapporto a tempo determinato in uno a tempo indeterminato.

L’esonero, invece, non si applica

  • in caso di lavoratori già assunti a tempo indeterminato nei 6 mesi precedenti;
  • se il lavoratore ha avuto precedente rapporto di lavoro agevolato (cioè tramite esonero contributivo) con lo stesso datore di lavoro – per lavoratori che negli ultimi 3 mesi del 2014 erano assunti a tempo indeterminato dal datore di lavoro o da società del suo gruppo (controllata o controllante) che intende avvalersi dell’esonero;
  • se l’assunzione (o l’utilizzo tramite somministrazione) viola il diritto di precedenza di riassunzione di altro lavoratore.

Insomma se se ne discute tanto è perché il Jobs Act di novità ne porterà o ne porterà nel mondo del lavoro. Noi vi abbiamo descritto la situazione con imparzialità per aiutarvi ad orientarvi nel mare magnum di informazioni in cui vi potete imbattere sui diversi mezzi di comunicazione. Già da una lettura oggettiva comunque emergono delle perplessità su alcune situazioni che, se in prima battuta sembrerebbero positive, quasi un paradiso, nascondo poi risvolti non così piacevoli non fosse altro che per l’estrema soggettività di alcune situazioni non regolate in maniera puntuale.

Forse è vero che una stessa legge non può accontentare tutti, ma sarebbe bello e auspicabile che una stessa legge curasse gli interessi di tanti cittadini comuni, di quelli che lottano per un posto di lavoro valido piuttosto che di quelli che hanno il potere di offrirli i posti di lavoro spesso con poca cura degli aspetti più umani della questione.