Decine e decine di questioni animano la scena e il dibattito politico nel nostro Paese. Qualcuna, talvolta, trova una soluzione e viene, quindi, accantonata; altre vengono dimenticate, anche senza che sia stata data una soluzione; infine ci sono quelle questioni così importanti che non passano mai di moda. Di legislatura in legislatura, si sceglie una determinata soluzione, ma basta poco per capire che si poteva fare di meglio. La soluzione scelta non è ottimale e, quindi, si ricomincia: dibatti, proposte in disaccordo, posta la fiducia e via a un nuovo sistema elettorale.
Già, perché una delle questioni che più affligge – sia concessa l’esagerazione – il nostro bel Paese è proprio quella del sistema elettorale. D’altronde il succedersi di numerosi governi negli ultimi anni ha dato prova del fatto che le leggi vigenti in materia finora non sono state in grado di produrre grandi e positivi risultati, sebbene bisogna considerare che probabilmente non è tutta colpa del sistema elettorale se c’è una ingovernabilità che sembra essere diventata quasi cronica. Non tutta colpa sua, ma i parte sì.
L’efficacia e linearità di una determinata legge elettorale si inizia a intuire già dalla chiusura delle urne. Se una legge è un prodotto poco buono, si capisce già dai grattacapo che fornisce in fase di scrutini. Percentuali a destra e a sinistra, numeri che forse corrispondono alle percentuali o forse no, gente che finisce in Parlamento perché ha oggettivamente conquistato il consenso di molti elettori e gente che, invece, finisce in Parlamento solo in base a quanto stranamente stabilito dalla legge.
Anche l’attuale governo di Matteo Renzi non ha potuto sottrarsi a questa questione, anzi proprio la materia elettorale è uno dei punti decisivi che dovrà affrontare questo governo che, d’altronde è nato proprio in virtù di una tornata elettorale con legge inefficace. Se ne discute, quindi, tanto proprio in questi giorni, perché l’Italicum – questo l’appellativo della legge proposta – è un testo pronto per essere giudicato dai nostri parlamentari. Non è ancora chiaro quando e come se ne discuterà, perché la questione è molto delicata – e questo, sì, è chiarissimo. Così delicata che, per l’ennesima volta, sembra che il governo voglia porre di nuovo la questione di fiducia. Come a dire che se la legge non viene approvata, Renzi e la sua squadra sono pronti a lasciare ciascuno la sua poltrona per tornare a casa. Come a dirlo, però, a farlo poi sarà tutta un’altra storia.
In questa gran confusione che è fatta di Italicum e Porcellum – la legge attualmente vigente che dovrebbe essere sostituita – proviamo a mettere un po’ di ordine per capire qual è il sistema elettorale che ci siamo beccati negli ultimi anni e qual è, invece, quello che potremmo beccarci a partire già dalle prossime elezioni.
Innanzitutto partiamo dalle basi, perché occorre sapere che il sistema elettorale è tanto importante perché si tratta dell’insieme delle regole che si adottano in un sistema democratico di tipo rappresentativo come metodo per trasformare le preferenze o i voti espressi dagli elettori in occasione delle elezioni in seggi da assegnare all’interno del Parlamento o comunque all’interno di un’assemblea legislativa. In maniera molto tradizionale e soprattutto molto generica, si distinguono due forme di sistema elettorale: il sistema maggioritario e il sistema proporzionale. Con la prima formula, si tende a premiare i candidati o i partiti vincitori in collegi uninominali o plurinominali e in questo modo si impedisce fondamentalmente la rappresentanza della minoranza; con la seconda formula, invece, che venne introdotta nel corso del Novecento su spinta delle grandi formazioni politiche di massa, quelle centriste popolari e quelle di sinistra socialiste, si tende a stabilire un rapporto proporzionale tra i voti ottenuti da un partito e i seggi ad esso assegnati. Ci sono poi i sistemi misti, che prendono da una e dall’altra formula qualche caratteristica e ci sono poi i sistemi particolari che presentano così tante caratteristiche e situazioni particolari e un po’ anomale da meritarsi, qualche volta, l’appellativo di “porcellum”.
Se queste sono le basi su cui si fonda tutta la questione, veniamo ora al caso concreto. Veniamo all’Italia che, per l’ennesima volta, si trova di fronte al bivio tra il vecchio e il nuovo, un bivio che impone la scelta tra un sistema elettorale già testato con risultati negativi e uno non ancora testato, ma che si presta comunque già a qualche perplessità. Senza contare, ovviamente, le ripercussioni che questa scelta avrà sull’attuale scenario politico dal momento che Matteo Renzi ha ammesso pubblicamente che, in caso di mancata approvazione della legge, è pronto a lasciare la sua poltrona.
Il sistema elettorale attualmente in Italia è regolato dalla legge numero 270 del 21 dicembre 2005. Questa legge è stata formulata principalmente dall’allora Ministro per le Riforme, Roberto Calderoli, il quale, però, la definì “una porcata” durante un’intervista televisiva concessa a Matrix di Enrico Mentana e per questo, quindi, oggi tutti la conosciamo come la legge porcellum. La legge elettorale di Calderoli venne introdotta per sostituire il sistema precedentemente in vigore, che era quello del cosiddetto “Mattarellum” prendendo il nome dall’attuale presidente della Repubblica, Mattarella. Il Porcellum, al quale sono state applicate delle modifiche rispetto al testo originale come conseguenza di alcune sentenze della Corte Costituzionale che ha dichiarato l’illegittimità costituzionale di alcune norme, è basato in linea di principio sulla formula elettorale proporzionale del “quoziente intero e dei più alti resti” ma presenta uno spirito sostanzialmente maggioritario dovuto alle clausole di sbarramento e al forte premio di maggioranza. Proprio riguardo quest’ultimo punto, la Corte Costituzionale si è espressa, dichiarando l’incostituzionalità dell’assegnazione dei premi di maggioranza, poiché indipendenti dal raggiungimento di una soglia minima di voti alle liste o alle coalizioni. Inoltre, sempre la Corte ha giudicato negativamente l’impossibilità per l’elettore di fornire una preferenza. Va detto anche che la legge si pone in controtendenza con quanto emerso dal Referendum del 18 aprile 1993, che aveva portato all’abrogazione di alcuni articoli della vecchia normativa elettorale proporzionale del Senato, configurando un sistema maggioritario.
Se questa legge non era ben vista né dai politici – compresi quelli che l’avevano scritta – né dagli elettori, eccone pronta una nuova che non promette di meglio: il tanto chiacchierato Italicum. Cosa prevede questa nuova possibile legge elettorale? Innanzitutto, bisogna ricordare che questa legge elettorale, qualora dovesse essere approvata, varrebbe solo per la Camera dal momento che ci dovrebbero anche essere delle riforme costituzionali che porteranno il Senato a non essere più direttamente elettivo. Chiarito questo punto, l’Italicum è un sistema elettorale proporzionale in cui il numero di seggi verrà assegnato in proporzione al numero di voti ricevuti e in cui il calcolo sarà fatto su base nazionale, ma modificato fortemente da un premio di maggioranza. Ci risiamo! In questo caso, il premio di maggioranza equivale a dire che la lista che supera il 40 percento dei voti ottiene un premio di maggioranza, raggiungendo in tutto 340 seggi, cioè il 55 per cento del totale. Basta un 41 percento reale per portarsi a casa un 55 percento “fittizio”. Se nessuna lista dovesse superare il 40 percento dei voti al primo turno, è previsto un secondo turno, cioè il classico ballottaggio tra le due liste che hanno ottenuto più voti. In questo secondo turno, la lista che prende più voti dell’altra ottiene il premio di maggioranza. Fra il primo e il secondo turno, attenzione, non sono possibili apparentamenti o collegamenti di lista, ma le liste continuano a competere così come sono state presentate fin dal primo turno. Anche qui torna la soglia di sbarramento che prevede una percentuale di voti minima del 3 percento per ottenere seggi alla Camera. Questi i punti salienti del nuovo sistema elettorale che dovrebbe approdare in aula già il prossimo lunedì 27 aprile, ma che con tutta probabilità si farà ancora attendere dal momento che la questione ha un forte valore politico.
L’Italicum non è la manna tanto attesa, ma è una legge che non è stata ancora discussa, ma è già protagonista di tante critiche. Collegi plurinominali, pluricandidature dei capilista, capilista bloccati, negazione di coalizioni al primo turno, impossibilità di apparentamenti o collegamenti di lista al secondo turno: questi sono i punti maggiormente criticati. Non è ancora detta l’ultima, insomma, ma tutto porta a pensare che la legge verrà approvata così com’è oppure il governo Renzi si sarà giocato male la sua partita più importante.