Da oggi in Inghilterra non sarà più possibile indicare una donna in stato di gavidanza come una “madre in attesa“. A vietarlo è un’ordinanza del servizio sanitario nazionale inglese che, nel nome del “politically correct“, ha imposto a medici e personale sanitario di definire le donne in attesa con il termine neutro “persone in stato di gravidanza“. Questo perché il termine di “madre in attesa” potrebbe offendere la sensibilità delle persone transgender, cioè coloro che hanno cambiato oppure intendono cambiare sesso.
Questa ordinanza segna un ulteriore passo verso l’annullamento della classica terminologia di “mamma” e “papà” che distingue i genitori per sesso. Un passo ulteriore che a breve, siamo certi, verrà assimilato e fatto proprio in tutto il resto d’Europa, Italia compresa.
In effetti anche nel nostro Paese già da qualche anno c’è la tendenza, non solo culturale ma anche politica, volta all’annullamento dell’identità genitoriale distinta per sesso.
Non ci riferiamo al caso specifico delle “madri in attesa” ma più in generale alla terminologia “madre – padre“. Infatti in diversi documenti ufficiali (come possono essere quelli scolastici) le voci “genitore 1 – genitore 2” hanno sostituito il classico e, secondo taluni, scorretto “madre – padre” proprio nel rispetto di quelle coppie omosessuali che hanno figli con due papà o con due mamme.
Ad ogni modo l’ordinanza sulle “persone in stato di gravidanza”, emanata dal servizio sanitario inglese e diretta a circa 160 mila medici, secondo l’Associazione Medica Britannica non sarebbe un suggerimento su come trattare i propri pazienti ma una vera e propria guida.
Non chiamatele mamme ma “persone in stato di gravidanza”
In Inghilterra un'ordinanza del servizio sanitario vieta di indicare le donne incinte come "madre in attesa" per non offendere le persone transgender