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Test coronavirus abbinati agli screening per l’Epatite C

Sfruttare l’avvio dei test Covid-19 (coronavirus) per far partire congiuntamente i piani di screening per l’HCV, virus dell’Epatite C

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Salvatore Petta, epatologo Segretario AISF
Salvatore Petta, epatologo Segretario AISF

Coronavirus: questa settimana partono in Italia i primi test sierologici per Covid-19 a livello nazionale e altri su base locale a cura delle regioni. Ma un altro importante screening si delinea all’orizzonte e la proposta ACE – Alleanza Contro le Epatiti è di forte significato.

La pandemia da coronavirus ha rallentato il processo di eradicazione del virus dell’Epatite C (HCV), virus che causa infezione al fegato e caratterizzata da infiammazione e danno allo stesso.
Proposta degli specialisti AISF e SIMIT e dell’Associazione Paziente EpaC onlus è di sfruttare l’avvio dei test Covid-19 per far partire congiuntamente i piani di screening per l’HCV.
Una soluzione semplice che potrebbe garantire un importante passo avanti: abbinare ai test sierologici per il coronavirus stabiliti dal Governo anche gli screening per l’Epatite C.
Con screening mirati sull’Epatite C abbinati ai test sierologici per Covid-19 è possibile così scovare entrambi i virus.

“In attesa del decreto attuativo per avviare gli screening HCV – evidenzia l’epatologo Salvatore Petta, Segretario AISF – una strategia efficace potrebbe essere quella di associare al test specifico per l’infezione da Coronavirus il test HCV. Non dobbiamo dimenticare le altre malattie” 

L’opportunità di un test congiunto è stato uno dei temi al centro della prima Web Conference “Epatite C, una patologia invalidante da non dimenticare. Il need del paziente nell’era Covid-19: stato dell’arte dell’eliminazione del virus HCV e proposte operative aggiornate”, organizzata da MA Provider con il contributo non condizionato di Abbvie e di Gilead Sciences.

L’AISF ha condotto un’indagine conoscitiva sull’impatto dell’epidemia di COVID-19 nelle strutture che gestiscono i soggetti con malattie di fegato in Italia. Negli ultimi due anni l’Italia ha compiuto un percorso virtuoso nel piano di eliminazione dell’infezione da HCV entro il 2030 promosso dall’Organizzazione Mondiale della Sanità. L’innovazione garantita dai nuovi farmaci antivirali ad azione diretta (DAA) per il trattamento dell’epatite C ha avuto una portata rivoluzionaria per la possibilità di eradicare il virus in maniera definitiva, in tempi rapidi e senza effetti collaterali.
Tuttavia, l’emergenza globale determinata dalla pandemia Covid-19 ha spostato l’attenzione sul contrasto a questo nuovo sconosciuto virus e lasciato in secondo piano la lotta ad altre patologie. Nel caso dell’Epatite C, questo arresto è intervenuto in un momento chiave, proprio all’indomani dell’approvazione dell’emendamento al decreto mille proroghe lo scorso febbraio: un provvedimento con cui sono stati stanziati 71,5 milioni di euro per il biennio 2020-2021 per introdurre lo screening gratuito necessario a individuare i potenziali malati di epatite C. Questi screening riguardano i nati nelle fasce d’età 1969-1989, i soggetti seguiti dai Servizi Pubblici per Tossicodipendenze (SerT), i soggetti detenuti in carcere. Non è però ancora chiaro se e quando verranno avviati gli screening specifici, visto che manca ancora il decreto attuativo.

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